Appunti di un giovane alpinista

E’ sabato 22/06/13, sono le 17:00, ho appena finito di lavorare e corro subito a casa perchè alle 18:00 passa Andrea a prendermi per andare a scalare la parete nord del monte Pasquale (Bacino dei Forni).

Alle 18:10 suona il citofono: é arrivato! Carico l’attrezzatura in macchina e partiamo; ci aspettano 2:30/3:00 ore di viaggio.
Arriviamo alle 21 al parcheggio in località Forni, il tempo di mangiare una pizza, una camminata per digerire, una camomilla per dormire, e a letto…..!!!!! Volevo dire ‘’a sedile’’, abbiamo deciso di ‘’goderci’’ pienamente questa salita partendo direttamente dal parcheggio senza utilizzare il comodissimo rifugio e quindi ci aspetta una bella dormita in macchina.

Suona la sveglia, guardo l’ora: 2:15, esattamente 4 ore e 28 minuti dopo esserci ‘’addormentati’’.
Tempo di una veloce colazione e alle 2:50 siamo gia in cammino, siamo così carichi che sbagliamo anche strada!!! Alle 4:30 siamo già al rifugio dove ci fermiamo per uno snack e per guardare la nostra parete.

Ripartiamo e in 30/40 minuti siamo all’attacco della parete: veloce cambio di assetto, via i bastoncini e fuori picche, ramponi, chiodi da ghiaccio e corda. Dopo 10 minuti di preparazione partiamo.

La prima parte di salita si sviluppa in una bellissima rigola di ‘’neve cemento’’ dove la progressione è veloce e sicura.

Arriviamo a metà parete in corrispondenza di una strettoia e lì cambio di capocordata: parto io!!

Riparto dalla strettoia sempre su neve cemento e, arrivato sotto il muro di ghiaccio che caratterizza la salita (100 metri di ghiaccio da saracco con punte del 65%), allestisco una sosta e recupero Andrea che mi assicura. Proseguo: pianto la prima picozza, tiene, ok, mi appendo e pianto la seconda picozza, anche lei tiene………SPETTACOLO!!!!!!!!!! Pianto i ramponi e …. chi mi ferma più, sono mega carico e super concentrato, ogni tanto metto qualche chiodo (alla distanza in cui li posiziono hanno più una funzione esteticha che pratica).

In men che non si dica finisco i chiodi e allestisco una sosta (la più scomoda che abbia mai fatto!), mi appendo e mi accorgo che ho i polpacci in fiamme! Metto la corda nel reverso e dico ad Andrea di salire; in un batter d’occhio smonta la sosta e parte, arriva anche lui con i polpacci ghisati.

Riparte subito e fa gli ultimi 40 metri di ghiaccio, sosta e mi recupera, lo raggiungo.

Mancano pochi metri alla cresta finale ed il terreno è meno ripido; con pochi passi sono in cresta finalmente al sole! Si apre davanti a me uno spettacolo di vette e pareti mozzafiato: la Nord del Cevedale, la Nord del Palon de la Mare, la Nord del Tresero e alle nostra spalle il re: il Gran Zebrù con la sua mole da gigante di pietra e ghiaccio che domina tutta la zona. Rimango estasiato e in silenzio a contemplare il panorama finchè qualche scocciatore salito dalla via normale non si mette ad urlare che è riuscito ad arrivare in vetta: avrei voluto tirarlgli una picozza in testa! Raggiungiamo la cima, facciamo la classica foto di rito e ripartiamo.

La discesa non è complessa, ma la neve “marcia” e la difficoltà della salita appena effettuata si fanno sentire. Arriviamo al rifugio Pizzini dopo 2 ore di vagabondaggio e dopo un’altra ora alla macchina.
Sono stanco morto, ma la mia faccia non smette di avere quel sorriso da ebete che ho avuto durante tutta la discesa: è questo l’alpinismo che voglio fare!

Ho scalato la mia prima parete di difficoltà ‘’D’’, LA PRIMA, MA NON CERTO L’ULTIMA

Giorgio Colzani

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